“Patografie” è il tuo secondo libro. Nel 2007, sempre con Ennepilibri, uscì “Trentanove parole”. Che cosa è cambiato da allora?

 

Sto decisamente meglio, in tutti i sensi. “Trentanove parole” è stato un libro più spontaneo, molto emotivo ed intimista. Un cosiddetto “sguardo dentro”. “Patografie” è aver finalmente guardato agli altri, alle loro abitudini, ai loro vizi, paure e manie e scoprire che sono anche dentro di me. E’ proprio il caso di dire che non era necessario andare troppo lontano.

In questo “osservare gli altri” di “Patografie” ti soffermi a lungo sulla questione del precariato. Un tema quanto mai attuale. Per quale motivo?

 Vivo la condizione di precaria/disoccupata sulla mia pelle e purtroppo non sono nemmeno l’unica. La piaga del precariato tocca un numero di persone sempre crescente, dalla mia generazione in poi. Laureati o meno, sembra che su di noi non voglia scommettere nessuno. Uno stato che non investe sulle sue risorse potenzialmente più produttive non è uno stato che mi sento di appoggiare. Una generazione senza lavoro stabile non può decollare, è senza prospettive e le sacche di lavoro precario hanno delle forti ricadute sull’intero sistema produttivo.

 Un racconto che colpisce particolarmente di “Patografie” è “Psikiatria”. Ne vuoi parlare?

 E’ uno di quelli che preferisco. E che è stato un po’ ispiratore di tutto il libro, a partire dal titolo. La totale assenza di punteggiatura che lo caratterizza è la totale espressione del “pensiero senza gabbia”. E’ il frutto di un’esperienza lavorativa in una cooperativa di pazienti psichiatrici, mesi di ascolto di dialoghi sconnessi, di esistenze interrotte ma dove, nonostante la prigione degli psicofarmaci, il pensiero rimane genuino. Quello della psichiatria è un tema che mi tocca davvero molto. A trent’anni dalla legge Basaglia permangono ancora idee e atteggiamenti assolutamente distorti come se quella legge non fosse ancora pienamente digerita. Tutto si basa sul pregiudizio psichiatrico. Ma il confine tra follia e normalità è davvero molto labile…

In questo libro c’è un racconto intitolato Comunismo, pensi che sia un argomento di attualità?

Beh non sono certo io che posso parlare dei massimi sistemi, infatti ho dato voce a una ragazza ucraina che ho conosciuto e a lei ho fatto dire pregi e difetti del comunismo, i muri sono crollati ma ancora mi devono dimostrare l’efficacia del capitalismo.

Non c’è due senza tre. Quali sono i tuoi progetti futuri?

 Una menopausa serena, laurearmi al D.A.M.S., un libro-indagine sulle dipendenze e un progetto imponente chiamato TeatroAzione di cui non aggiungo altro. Direi che per ora, come carne al fuoco, siamo messi piuttosto bene.