Capitolo 3
Colonna sonora: Nata sotto il segno dei pesci, A. Venditti
Ma guarda questi. Non si smentiscono mai. Ha ragione Silvia la decoratrice laureata a Beni Culturali che fa la postina precaria: “L’unica cooperativa buona è quella che chiude.” Lei ne ha viste parecchie, come me. Tutti buoni… a farti lavorare gratis, perché il volontariato riempie la vita, fare del bene è bello…!! Se te lo puoi permettere, altrimenti non ti conviene, anzi a volte non ti conviene manco andare a lavorare perché ci rimetti. Essere precari fa dimagrire. Mangi tramezzini presi in saldo al discount, i famosi “Mangia&muori. L’alimentazione del precario. Potrei fondare una catena di food. Una coop sociale che rifornisce i precari stessi. Li vedi tutti alle loro feste, come cantava l’AssembleaTeatrale Musicale negli anni 70-80 a Zena. “E i ricchi stanno bene e da persone oneste … non parlano di noi dentro alle loro feste.” Già le loro fe4ste. Ora si chiama “Cibo di strada” per una questione di sedie e permessi. La sostanza non cambia. Sembrano party all’americana, col drink di plastica in mano con la sangria, il couscous nell’altro piatto. Couscous vegano.
Il cibo afro-solidale. Le femmine coi pantaloni di Aladino, ma chi ti tromba? A ecco quello che l’accompagna. Trent’anni, barbetta, bio contadino con le Camper ai piedi. Va a ritrovarsi in India o in Turchia … coi soldi di papà. Sono i nipotini dei Figli dei Fiori, noi semo i nipotini de Togliatti. Il dato comune è che tutti si sbranano per lo stesso mezzo posto di lavoro precario. Inizi coi progetti. Cioè lavori mezzo gratis e intanto che sei lì già che ci sei lavori un po’, è già tanto se ti danno un pezzo di rimborso.
Stasera vedo tutte le mie amiche. Gira e rigira son tutte ex colleghe. Gente che aveva ottime premesse e non ha manco decollato. Tutti precari da una cooperativa sociale all’altra. Penzoliamo in fondo alla catena del lavoro. Come si fa a non capirlo? Guarda ‘sto coglione col Suv. Quelli che si comprano il Suv hanno qualcosa di piccolo da compensare. Dai stasera rock and roll. Fanculo. Sono 50 che pesano come 50 cazzo di macigni, altro che sfumature colorate. Sono immersa nel traffico, ho le gomme lisce. Quando salgo metto in moto, la prima cosa che guardo a che livello è della riserva. Andiamo da alta, media, medio bassa. Bassissima. A volte tossice. Dai non ci pensare. Guido e alzo la musica a tutto volume. L’unica cosa che funziona è radio Nostalgia. “Per quelli come te”. Come me, come? Mi chiedo ogni volta. Come …? Rimastoni. Sarà, ma la musica anni ’70 ’80 e mettiamoci i ’90 è la migliore. Sfido chiunque. Evvai alza, alzaaaaa….
– CRRRRRRRRRRAYYYY BEBBEEEEE CRAIIII BEBE….
VAI JANIS, con gli occhialini rotondi. Al festival di Monterrey. Me la vedo davanti. Invece davanti ho un furgone, la strada mi sembra interminabile oggi. Non ci volevo neanche andare da questi. Il cellulare vibra sul sedile, abbasso la musica.
– Oi Vale sto guidando
– Com’è andato il colloquio?
– Di merda
– Dai stasera si festeggia. C’è una festa a sorpresa
– Grazie per avermelo detto!
La Vale è nel mio cuore da sempre, dai tempi dell’università. Era in assoluto la più intelligente, la più brillante, studiosa e colta tra tutti. Ha scritto una tesi della Magistrale pazzesca. Ho sempre pensato, il giorno che decolla, questa, arriva veramente dove vuole. Oggi lavora da Mac Donalds. Si è fatta spostare il turno. È l’unica italiana, l’unica laureata. Lasciamo stare. Ma si fanculo le cooperative.
Entro in casa e c’è il solito disordine adolescenziale. Scarpe da ginnastica spaiate, felpe giganti, squadre, parastinchi. Non voglio vedere. Non oggi. Meno male che il colloquio è andato male. Riordino la casa. Le idee. Quello è più difficile. Essere precari vuol dire affrontare un Calvario che non finisce mai. I periodi migliori, la disoccupazione indennizzata. Ti devi riprendere, dopo 12 mesi o 24 dentro un tritacarne, ti devi riprendere. Per mesi sei stata in tutte le loro chat sempre attive, fitte di faccine, applausi, merdette fumanti, cuoricini. Le chat sono sempre attive. E non puoi fare “esci da gruppo”, non vedi l’ora di farlo. Basta. Il telefono ridiventa un alleato, uno spazio personale. Ti risucchiano la vita come dei vampiri, per quattro spicci, tante belle promesse, e un contratto precario.
Precario, ho guardato sul dizionario e vuol dire “ottenuto con la preghiera” e infatti mi sembrava. Non bisogna pregare per le cose serie. Stasera festa. Meno male che ci sono le amiche!!
Ora mi sparo un mix musica italiana e rimetto la casa in ordine. Alè parte Venditti. Cominciamo col raccattare i vestiti, le scarpe, le tute, i calzini. Se ne trovo due uguali stappo una bottiglia di Krug. Non c’è pericolo. Felpe e maglie e magliette della salute una dentro l’altra, ma si fa fatica a levarsi uno strato per volta?? Fare le pulizie mi isola dal mondo, metti la cera togli la cera. Lavoro con le mani e lavoro col cervello, contemporaneamente. Beh l’uomo di solito non ci riesce.
Ricordati di te e della mia pelleeeeee, ricordati di te com’eri prima… il tempo lentamente si consuma….
Si, il tempo si consuma e neanche tanto lentamente. Almeno nel mio caso. Da un lato sono contenta che non mi abbiamo preso, “la metto in turno subito che il collega è Vittorio che è bello grosso”. Bello grosso?
Sul divano si è ammonticchiato mezzo armadio di vestiti. Passiamo alla cancelleria. Lasciano tutto in giro. Non trovano mai niente. L’adolescenza. È una bella età ma passi il tempo a maledirla quando ci sei dentro e poi la rimpiangi per tutta la vita. Vaglielo a spiegare. Sono fasi. Già come i denti, i pannolini, le capitali d’Europa, i gol, i bagher, le cotte. Ora siamo nella fase mandare a fanculo i genitori. Il che è giusto, quando si tratta dei figli degli altri. È dai tuoi che non te lo aspetti. Cresceranno.
Elettronica, grovigli di fili, cuffiette. Sempre musica nelle orecchie, cambiano i dispositivi. Per sentire poi… trap. Noi avevamo i Pink Floyd, Jim Morrison, Bob Marley, gli U2, David Bowie. Tina Turner, Diana Ross, Marvin Gaye… beh mi fermo perché altrimenti mi addormento. Ora passiamo al bagno. Mi faccio il segno della croce mentre di là Antonello invoca Saraaaaa… svegliati è primavera. Quella che è rimasta incinta nei banchi di scuola. L’incubi di ogni madre e che si stampino col motorino. Cosa mi metto stasera? Bisogna vedere dov’è la festa? La fanno a me la festa!! Direi tubino nero, classico, reggicalze, dovunque mi portino faccio il mio figurino. Scarpe mi metto quelle che ho comprato dai cinesi, alla faccia della globalizzazione. E sopra il cappottone che ho trovato in un sacco Caritas quando lavoravo coi migranti. Altra coop, altra storia. Una mattina è arrivato in sede un furgone carico, carico di …? Comincia per vestiti e finisce per da donna. Quanta roba buona si butta via. Magari perché son brutti ricordi, però si trova roba ancora in buono stato. La sera mi sono fatta una mini sfilata immaginando chi li aveva indossati e dove era andata.
Mi perdonerai … mi devi perdonare sai… e dalla pelle al cuore che devo ritornare senza più dolore senza farti male e tu lo capirai… solo da uno sguardo… e mi perdonerai… ai ai… mi peronerai … dai è il look giusto e capelli raccolti.